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I nostri vecchi

sedia vuota

Ci mancheranno i nostri vecchi. Quelli che se ne sono andati – tanti, troppi – e quelli che ancora per un po’ è meglio custodire.
Pensionati che di mestiere si prendevano cura.
Dei figli dei figli, dei figli di tutti. Nelle cucine dell’oratorio, nei centri di ascolto, nelle mense della Caritas, sulle strisce pedonali, fuori da scuola, in sagrestia, negli ambulatori solidali, nelle bocciofile, agli alcolisti anonimi, ai mercatini di beneficenza, nella Pro Loco, negli Alpini, nelle classi di italiano, nelle periferie, nei cimiteri a cambiare i fiori. Carichi di anni e di caramelle in tasca.
I vecchi da cui si andava quando non c’era più nulla da fare, dopo aver finito i compiti, usciti dal lavoro, a pranzo la domenica, quando la scuola era chiusa. Per un consiglio, una favola, una carezza. A rubare la loro saggezza accumulata con la scusa di fare compagnia.

Vecchi che supplivano alla nostra mancanza di tempo con il loro tempo sprecato. Alle nostre corse con la loro forza di gravità. Noi sempre di fretta perché avevamo la vita davanti o eravamo solo a metà del cammino. Noi che gli esami, i bambini, il lavoro, i pensieri. E loro che invece potevano essere avari di vita e tenersela stretta. Quanto tempo sprecato a prendersi cura. Noi così produttivi, loro così indispensabili. Sulle spalle stanche un pezzo di Paese invisibile, altrimenti orfano.

Vecchi che ora non sappiamo rimpiazzare. Vecchi da cui dovremo imparare in fretta.
Che a diventar vecchi ci vuole una vita intera.

* Auguri nonno Marco! Auguri a te che non sarai mai vecchio e nemmeno saggio, ma che ti prendi cura.

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Grazie bellissimo. Spero proprio di essere di aiuto a tutti voi, altrimenti che vita sarebbe?