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L’arte di arrangiarsi

Enniente, abbiamo due approcci diversi pure alla DAD.

Sorella di 7 anni chiusa in cucina con tablet, borraccia, libri e quaderni, astuccio e diario, atlante del mondo e cassetta del pronto soccorso. Alla seconda lezione già si è impostata lo sfondo dei Caraibi per mimetizzare il caos di una colazione sparecchiata a metà.

Fratello di 6 anni in soggiorno, dall’altro lato di un tavolo su cui la mamma cerca di seguire una riunione di staff. Mozziconi di matita ovunque, quella che serve mai a portata di mano. Su e giù dal tavolo, tra uno schermo e l’altro tipo battaglia navale, sorella dispettosa di 4 anni che si aggira lasciando ovunque impronte di sabbia magica e paillettes.

Fratello di 6 che si distrae un attimo, perde un pezzo di dettato, mi guarda spaesato e inizia a sbracciarsi davanti al pc per chiedere alla maestra di ripetere. Oltre le mie cuffie, sottofondo di tv e radio accese, call di altri genitori, gatti annoiati, nonne che suggeriscono le tabelline, maestra mi scappa la pipì-maestra ho perso la matita-maestra sai che mi dondola un dentino?-maestra anche a me!-maestra ma dopo abbiamo ancora italiano?-maestra la batteria del mio cellulare è al 15%-maestra come si chiama il tuo cane? E mio figlio che continua a sbracciarsi perché l’emoticon manina l’ha già alzata da un pezzo ma la maestra non mi vede e ha detto di mutare tutti il microfono e io sono rimasto indietro.

E mentre gli suggerisco con il sopracciglio soluzioni alternative impercettibili in call vedo il suo labbro tremulo e il rosso della frustrazione che gli sale fino alle orecchie e sento voci rassicuranti di mamme e di nonne accorrere e coccolare e rimpinzare e prendere appunti e contestualmente spammare verbali della lezione in chat e pettinare il gatto. Ma come fanno le altre mamme ad avere sempre le unghie perfette?

Poi finalmente la maestra saluta, mille applausi ai bimbi, perché siete bravissimi, baci, ci vediamo domani, e mio figlio è ancora lì che si sbraccia sempre più rosso mentre io cerco di proiettare sul mio schermo i quintali di farmaci movimentati nel 2020 e di sorridere. Temo che esploderà per la rabbia. Finché sua sorella non lo chiama dalla cucina per fare ricreazione. E tutto passa.

Caspita, sono strasicura di non essere una mamma chioccia, ma quando mio figlio ha bisogno io VOGLIO esserci!

Alla sera, quando per caso intercetto mio marito senza cuffie, gli faccio un resoconto melodrammatico della mattinata in DAD e dei traumi infantili per i quali sicuramente tra qualche anno dovremo accendere un mutuo. Risposta: “Domani sposta il suo pc accanto al mio”.

Siccome lo so dove vuole andare a parare e mi sono già beccata la sua stringatissima equazione sull’autonomia (A scuola tu ci sei? No! Ecco, allora!), salto direttamente alla fase 2. “Sì, ma a scuola è diverso! Non ha lo stress del pc da gestire”. Non aggiungo “povero cucciolo” perché fa venire l’orticaria pure a me, ma la risposta del marito ingegnere è comunque tranchant.
“Per questo gli ho insegnato io ad andare in bicicletta.”
18 parole e fine della comunicazione, almeno per i prossimi 2 giorni.

Me ne resto lì a pensare che però non è giusto, che io DEVO esserci, perché quella è una fatica sproporzionata per il bambino spelacchiato che ho visto nascere 6 anni fa. Una fatica sproporzionata come una pandemia a qualunque età.

Eppure tutte le prime volte sono sproporzionate.
Venire al mondo. Respirare. Alzarsi in piedi e camminare, assaggiare un limone, usare le forbici, arrampicarsi fino allo scaffale in alto. Andare in bicicletta. Condividere lo schermo alla tua prima riunione su Zoom.
Si trema si cade si sbaglia si soffre ci si vergogna.
Si chiamano avventure (ad-ventura, cioè “chissà”) e il loro fascino sta tutto in quella vertigine di ignoto impossibile da calcolare. A raccontarle poi diventano conquiste, incontri, mete.

Perciò meglio che ci prenda la mano adesso, perché le sue avventure sono solo sue. E io mamma non vorrò esserci al suo primo pigiama party, al suo primo campeggio scout, al suo primo barbecue, alla sua prima guida, al suo primo appuntamento con una ragazza (al suo primo due di picche!), al suo primo colloquio di lavoro, al suo primo mutuo, al suo primo figlio.

Meglio spostare il suo pc accanto a quello del papà, fare un bel respiro e che Dio ce la mandi buona!

* Però quando mi ritrovo la chat di classe infestata di messaggi tipo “Aiuto, ma cosa dobbiamo fare di matematica? Mio figlio ha capito A, tua figlia B, la nonna sorda mezza C. Chiediamo alle maestre per sicurezza. (Anche se è domenica) (Tanto loro mica ce l’hanno una famiglia)” un po’ il dubbio mi viene: non è che trasmettiamo noi un po’ d’ansietta ai nostri bimbi? Sarà tanto grave fare ognuno come ha capito? Sarà tanto grave arrangiarsi rischiando di sbagliare? Non li stiamo mica lasciando in mutande su un’isola del giurassico con una canna da pesca e un cerino!  

*Luigi Ballerini, Chioccia tigre elicottero spazzaneve. Quale genitore per i nostri figli?, ed. San Paolo 2019

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