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#menocompitipiùvita

Fata-tavolo-lombrico-corona-nave-vela-lama-mamma
È mia figlia di 6 anni quasi 7 che canticchia un domino di parole, un gioco inventato da lei in questi giorni di scuola diversa.
Se ha preso da sua madre (ahimè), non si metterà a piantare bulbi o a sfornare biscotti, si divertirà invece a districare nella sua testa gomitoli di parole. Quante volte le ho chiesto “Cos’hai fatto oggi a scuola?” e mi ha risposto “Ci hanno dato il ketchup sulle patatine!” o “Sai che la maestra ha un gatto?”… Chissà cosa risponderebbe adesso, se una maestra curiosa le chiedesse “Cos’hai fatto oggi a casa?”  

Cosa ricorderanno i miei bimbi di questo drammatico frangente, io non lo so. Confido nella loro capacità di distillare il bello. Ma, con buona pace del registro elettronico, sono sicura che stanno crescendo. Dritti come un girasole o storti come un glicine, saranno gli esperti a dirmelo poi. Io non posso far altro che lasciarli al sole e avere pazienza. Ringrazio la vita (e il Buon Dio) per la loro geniale pedagogia a 360 gradi, per la ricchezza di stimoli e di esperienze inimmaginabili sui banchi di scuola. La nostra pagella serale? Una cosa bella, una cosa brutta, un desiderio. Grazie, scusa, domani farò meglio. Nessun voto e si ricomincia ogni volta da capo.

E certo che ci mancano i nonni, la scuola, gli amici, l’oratorio. Ci manca il villaggio, tantissimo. Dobbiamo vivere h24 con mamma e papà, che non hanno fatto alcuno stage per diventarlo, perciò ce li teniamo così come sono, almeno fino alla maggiore età. Ma, ancora una volta grazie alla vita (e al Buon Dio), ci sono i fratelli e sono tanti, a volte troppi. In casa nostra si sperimenta la splendida ricchezza del coefficiente binomiale, che a dirlo in formula matematica è più semplice:

Nella pratica si traduce in: 7 teste più o meno pensanti, 21 relazioni, 42 sguardi sull’altro. Insomma, un caleidoscopio di emozioni, di giochi, di esperienze, di conflitti da (auto)gestire, di gusti, di competenze, di passioni, di potenzialità. Oltre a un consumo spropositato di pannolini e di scarpe. Alla faccia dei travasi, del didò e dell’alfabeto tattile!

Alla fine di questa quarantena il più piccolo avrà completamente disimparato l’uso della forchetta e nessuno saprà più lavarsi i denti, ma probabilmente (io almeno ci spero) avranno appreso qualcosa di altrettanto prezioso. Di sicuro vorranno andarsene di casa quanto prima. A vivere da soli. Anzi, meglio, con un cane.

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