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Nonni anarchici

cucinetta bambini

E dopo le ruspe sono arrivati anche i nonni.
Ora, io ADORO i nonni. Non mi vergogno a dirlo, l’ho detto mille volte, e loro lo sanno benissimo. Sono i nostri angeli custodi e senza di loro chissà come faremmo. Mio suocero, poverino, gli danno tutti addosso (è una specie di sport di famiglia, credo), quindi io lo difendo sempre e a prescindere. Di mia suocera – lo giuro – non ho mai parlato male in vita mia. E come potrei, visto che quel capolavoro che ha tirato su me lo sono sposato? Troppi danni non può averne fatti. Inoltre nel mio futuro più o meno lontano ci sono tre potenziali nuore, che spero siano così gentili da restituirmi la cortesia.
PERÒ.

Però io ADORO anche le regole. L’ordine, il silenzio e la pulizia. (Adoro anche i paradigmi, le tabelline e la sezione aurea.) Mi dà sicurezza trovare il tovagliolo a destra, insieme al cucchiaio e al coltello, e appendo le camicie in ordine cromatico. Mi piace dormire 8 ore senza troppa gente intorno e ho sempre i fazzoletti in borsa. Cose tipo gli schizzi di dentifricio sullo specchio, le matite che cadono, i calzini spaiati e qual’è con l’apostrofo mi fanno sclerare. Quindi sono spesso sclerata. I travasi con la sabbia ve li fate al nido. (Lo so, la nostra è una casa triste.)

Invece i nonni sono degli anarchici. Deve essere uno stile che acquisiscono appena gli fai vedere il test di gravidanza, perché mio marito giura che trent’anni fa non si poteva correre in casa col monopattino o mangiare direttamente dalla pentola. E hai voglia a ricordare ai bambini i decaloghi per una civile convivenza pianificati insieme a tavolino, illustrati, mimati, motivati, inculcati e ribaditi in varie lingue su valanghe di post-it appiccicati in tutta casa. Rimossi. Entrano a casa dei nonni e abbasso le regole e le buone maniere. Ho visto cose che voi umani…

Il problema è che, se cedi una volta, poi è come con i castelli di carte, le torri dei Lego, le tesserine del domino, gli spiedini dello Shangai, i mattoncini di Jenga… è un attimo e tutto crolla. (Giochi così devo averne fatti un bel po’ nella mia infanzia, perché sono evidentemente disturbata.) Andare dai nonni, per me che sono così inquadrata, è sempre una terapia d’urto. È un po’ come stare in mezzo a un campo da Paintball in abito da sposa.
Perciò istintivamente ci provo a ricostituire i ranghi. Invano. Faccio per sollevare il famoso dito e scatta la litania: “Massìììì….” Alzo gli occhi al cielo, e vai col carosello: “E vabbeeeh…” Emetto un grugnito e parte la sigla: “Sono bambini…” Devo ancora provare col fischietto. 
A quel punto io divento ancora più strega. Ma come ma sì?!? No che non va bene! Sono bambini, appunto!

Finché un’amica saggia non mi ha regalato questa perla: Rilassati, tanto i bimbi lo sanno che i nonni non sono te. (Che acume!) Lo so, sono le basi, roba che impari al corso preparto, ma io sono davvero una maniaca delle regole… Perciò, ogni volta che andiamo a casa dei nonni, devo ricordarmi di lasciare sul pianerottolo la mamma generalessa. Insieme al cane pastore e al poliziotto cattivo. E all’uomo nero.
Alla fine l’unica regola che abbiamo salvato è questa: ogni casa ha le sue regole. In casa dei nonni io mi adeguo alla loro anarchia, ma qui da noi non si sgarra.

I miei figli ci marciano e col passare degli anni diventa sempre più dura. In casa dei nonni aprono il frigo senza chiedere il permesso alla ricerca di merendine proibite, sbriciolano a terra le sfogliatine Vincenzi (che nella gerarchia dei miei disturbi sono subito sotto i coriandoli di Carnevale) e si ostinano a dire MA PERÒ.
Perciò, la tradizione vuole che togli il pannolino e il giorno dopo entri di diritto nel tabellone Weekend dai Nonni. Occhio non vede cuore non duole. E quando, tornati a casa, mi racconteranno di aver dormito nel lettone con la nonna, sbattendo il povero nonno sul divano perché russava, farò un respiro profondo e dirò atarassicamente: “Massìììì… Sono nonni…”

* Nonni, ci siete mancati tantissimo!!! (ma questo lo sapevate già)

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