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Storie da raccontare

E io, perché scrivo?
In questo botta e risposta dai toni sempre più beceri, in questa corsa allo scoop, in questa gara di like.
Io che pure mi scopro appesa al giudizio della gente tanto quanto. Così facile ai saliscendi e alle mode e alle lune.
Che se racconto la gioia diranno quanto me la tiro e se metto a nudo i difetti si accaniranno con i te l’avevo detto. Io che pure sono gioia e fango fango e gioia.
Carne di una storia che giorno dopo giorno prende forma.

Ogni tanto mi fermo a sbirciare la gente. L’odore di bucato dietro lo schermo di una call, la stanchezza nascosta sotto il rimmel, la nostalgia al rientro dalle ferie, il segno della fede, la timidezza che si maschera da prepotenza, l’impronta di un cuscino, il ragù dimenticato sul fuoco, ciò per cui trema e freme al di là dei cordiali saluti. Tracce di umanità che affiora tra le corse, le chiacchiere vuote, gli stati wa. Quando chiedi Come stai? e resti davvero ad ascoltare.   
E mi convinco che non esistono storie inventate. Perché pure la fantascienza è autobiografica.
Che tutti abbiamo qualcosa da dire, se solo qualcuno ci ascolta.
Che siamo tutti storie bellissime da raccontare.

Storie che fremono per venire al mondo,
come in principio quell’esuberanza d’amore che esplose in infinite minuscole forme di vita
come quel sì che prese carne e subito corse veloce a raccontare la gioia (Magnificat! Perché mi esplode il cuore, e te la devo raccontare questa storia di grandi cose dal mio fango)
come quell’anfora dimenticata perché la notizia è più grande della sete

E io perché scrivo?
4 anni fa ci ritrovammo all’improvviso in 7 in 80 metri quadri, e tutto il mondo fuori, allo sbaraglio.
Fango, tanto fango. Palate, secchiate, vagonate di fango.
Ma anche tante cose belle proprio sotto il naso, lì in mezzo a tutto quel fango.
Allora ci è venuta voglia di aprire le finestre e condividerlo quello stupore.
Più che altro io scrivevo e il consumatore seriale di wifi impastava, impanava, sfornava. E piantava chiodi nel muro. Perché poi ciascuno ha il suo modo di dare alla luce.
C’è chi arrangia note, chi gioca coi versi, chi fischia sotto la doccia, chi investe in un’idea, chi cambia il mondo. C’è persino chi sorpreso dalla gioia mette al mondo figli, in questo mondo fatto di fango e gioia gioia e fango, come fossero bellissime storie di cui spera ignorare il finale.

Anche oggi, quando le parole mi si bloccano sulla lingua, perché – mi dico – questa storia non interessa a nessuno, questa cosa che ti sta così a cuore nessuno la vuole sentire. Perché non ho tempo, non ho voglia, roba vecchia, chi ci crede, lascia stare. Sei solo fango.
Devo ricordarmelo.

Che io e te siamo una storia bellissima da raccontare, iniziata da un traboccare d’amore fatto carne.
Che se pure non ci fosse nessuno ad ascoltarla, c’è almeno Uno curioso di vedere come andrà a finire.

E quando poi dall’altra parte la nostra curiosità sarà finalmente paga,
quando non avremo più bisogno di toccare con mano,
l’Amore, quello solo resterà.
Sarà una pioggia di luce, ci dirà chi siamo:

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