Di traslochi ne ho fatti tanti. 9 case negli ultimi 15 anni.
Da alcune sono scappata, da altre mi hanno sfrattata, da una sono uscita col vestito bianco e 12 paia di scarpe. Ogni volta come Pollicino mi sono lasciata alle spalle pezzetti di me e bollette da pagare.
Ma questa volta è diverso.
Chissà se hanno già trovato sotto il frigo la macchinina rossa, o quel pezzo di puzzle. Chissà se anche loro dimenticano la porta aperta. Chissà se cambieranno colore alle pareti. Se vanno d’accordo con i vicini.
Ci sono notti in cui mi tiene sveglia un filo di angoscia, non tanto per le bollette del gas o i colori della raccolta differenziata, ma per questa casa più grande di noi, ancora tutta da immaginare.
È vero, insieme ne abbiamo già fatte di cose più grandi di noi, ma nascevano tutte microscopiche e quasi senza che ce ne accorgessimo.
Non so perché, ma tutti i giorni della mia vita faceva meno paura che 30 anni di mutuo cointestato.
E se domani io? O tu? O noi?
Non eravamo già abbastanza felici?
Non eravamo già abbastanza vissuti?
Perché questa insana curiosità di vedere come andrà a finire se ci lasciamo cadere?
E di nuovo devo fare i conti con le mie contraddizioni.
Stiamo piantando alberi che non vedremo, e io mi sento così sradicata.
Costruendo per il futuro, e io ancora raccolgo cocci vecchi.
Prendendoci cura di un sogno, e io m’impunto sugli zoccolini.
Tu lo sai perché. M’illudo di avere il controllo almeno sulle piccole piccolissime cose.
Eppure mi ritrovo sempre imbarcata in lunghissimi viaggi senza salvagente.
Sentirsi amata ti fa fare cose folli.
Ti scordi d’un tratto di cosa sei fatta, e intuisci per cosa sei fatta.
Se mi guardo le scarpe mi riscopro piccola e incerta, sempre bisognosa di essere rassicurata sull’amore.
Eppure, irriducibile, la sottile certezza che Qualcuno mi vuole felice.
Molto più di quanto io, e tu, e noi, osiamo immaginare.
Come, lo scopriremo solo strada facendo.
