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Caro Fedez

Caro Fedez,
intanto auguri! So che sei diventato da poco papà-bis, perciò doppi auguri anche alla mamma… che cosa meravigliosa la vita!

Io sono solo una mamma come tante, di rap non ci capisco niente, la RAI in casa nostra entra solo per riscuotere il canone, guardiamo poca TV e tendenzialmente cartoni animati, quindi figurati cosa ne posso sapere dei vertici di viale Mazzini.
La politica mi ha stufato il giorno dopo il primo agognato voto: mi sembrava che non c’entrasse nulla con i problemi reali della gente come me, che per la maggior parte del tempo è impegnata a mandar lavatrici e a svuotare il frigo.

Forse se li vedessi chini a scervellarsi sulla riapertura delle scuole, intenti a far quadrare i conti a fine mese, a distribuire pasti alle mense Caritas come fa qualche sindaco nei piccoli paesi, per poi guardare l’orologio e accorgersi che è già ora di cena e a casa c’è qualcuno che li aspetta… Se non li vedessi h24 urlarsi addosso nelle aule e nelle piazze, darsele di santa ragione nei comizi tv e insultarsi su Twitter per dichiarazioni sgrammaticate e fraintese…
Lo stesso baccano me lo ritrovo sui giornali, alla radio, su FB e pure nelle chat di classe, dove dilaga contagioso il virus del PARTITO PRESO.

E nella mia piccola esperienza di mamma, mi chiedo: “Ma davvero c’è bisogno di un DDL per ricordarci che nessuno nessuno nessuno per nessuna ragione al mondo può essere discriminato?”
Probabilmente sì.

Ti ringrazio per aver detto la tua, davvero.
Non so se per farlo ci voglia più coraggio o più passione e non credo sia solo una questione di Like. Come non credo che sul palco del 1° maggio abbia il diritto di salire solo uno con ISEE sotto i 5000.
Credo fermamente nella libertà di espressione e nella creatività come eco della creazione. Anche se tra le mie creature domestiche non ho uno straccio di follower, io continuo imperterrita a esprimermi, pur senza la tua creatività.
Credo anche nella buona volontà di tanta gente e nel cuore dell’uomo abitato dalla nostalgia del cielo. Di qualunque colore sia.

So pure, ahimè, che siamo esseri pieni di contraddizioni immersi in un tempo che bene o male ci cambia, e che a furia di parlare qualche gaffe ci scappa. Che a 12 anni uno dice cose di cui a 20 si vergogna e che un bullo di 14 anni può diventare un martire della pace a 30. Perciò non te la prendere quando ti inchiodano alle idiozie rappate in gioventù: nessuno va orgoglioso delle foto scattate in adolescenza. Magari restituiscici la stessa cortesia per chi di anni sulle spalle ne ha 2000 e viene ancora etichettato per la caccia alle streghe e lo sterminio dei Pellerossa. Di strafalcioni la storia è piena, quel che manca è la tenerezza.

Io, che sono solo una mamma e nemmeno tanto portata, a 15 anni sostenevo la pena di morte: me l’avevano spacciata come estrema fiducia nella giustizia umana. Adesso mi ritrovo a spiegare ai miei bimbi (ti ricordi il caso di Lisa Montgomery? Storia recente, un Paese evoluto) che nessun essere umano ha il diritto di decidere della vita di un altro essere umano, per quanto possa sembrargli un mostro. E tu lo sai che i bambini spingono il ragionamento sempre più in là, perché non hanno pregiudizi e non temono la verità. “Nessuno nessuno, mamma?” “No, nessuno nessuno nessuno per nessuna ragione al mondo.”
Adesso lo so. Me l’ha spiegato la Vita che la Vita si impone da sè, e che non spetta a noi. Conosco capolavori sbocciati dalla vergogna, nati dalla violenza, sopravvissuti alla perversione, vite meravigliose che hanno reso il mondo (e non solo il mio) un posto migliore. Qualunque vita ha in sé un miracolo in gemma, e a noi spetta solo lasciare che fiorisca, come vuole.

E allora, di nuovo chiedo: “Ma davvero c’è bisogno di un DDL per ricordarci che nessuno nessuno nessuno per nessuna ragione al mondo può essere scartato?”
Non dovremmo rispettarci così come siamo? No, dico di più: non dovremmo amarci tutti come fratelli? C’è bisogno di un DDL che ci tuteli nella nostra diversità?
A giudicare da come ci insultiamo sui social sembrerebbe proprio di sì.

Perché se io provo a dire la mia (e sui social ognuno dice la sua e ascolta solo chi dice la sua) mi diranno che sono bigotta, o fascista, o terrona, o moralista, o casalinga mantenuta. Ma non mi chiederanno il mio nome. Solo etichette, insulti, turpiloquio, doppi sensi, sarcasmo. Nessuno spazio per la curiosità, lo stupore, lo scambio di idee, la voglia di scoprire un altro TU in un mondo tanto più bello quanto più vario. Nessuna apertura al punto di vista.

Hai citato una frase agghiacciante (tutti noi quando scolleghiamo il cervello ne diciamo, ma alcuni hanno responsabilità più grandi… e tu fanne memoria, che alle mamme bene o male si pedona tutto, ma gli influencer vanno e vengono): “Se avessi un figlio gay…” e non vado avanti.
E io mi chiedo: “Se avessi un figlio down? O con i capelli verdi? O col piercing al naso? O vegetariano? O fannullone? O carabiniere? O prete? O monaco buddhista? O semplicemente diverso da come me l’ero immaginato?”
Penso che lo amerei comunque, sì, perché è mio figlio. Ma chiedo fin d’ora la grazia per farlo, perché non è scontato. 

Perché, caro Fedez, siamo tutti dei poveretti pieni di contraddizioni.
E, per quanto ci riempiamo la bocca di diversamente-qualunque cosa, a conti fatti il diverso ci è di scandalo. Nel senso che ci fa inciampare.
Perché va più lento, perché non sa usare lo SPID, perché ci mette un’ora a parcheggiare, perché la classe rimane indietro, perché mi occupa un letto, perché gli dovrò una pensione, perché qualcuno dovrà prendersene cura, perché mi mette in discussione, perché viene da una storia di sbagli, perché non mi dà ragione.
Perché, magari domani, diverso potrei essere io.  

Quanto ancora abbiamo da imparare.
Ma non impareremo nulla se non la smettiamo di urlarci addosso PER PARTITO PRESO.
E la libertà d’espressione urlata da un palco, o rimbalzata sui social, fa presto a diventare istigazione all’odio. Non so a te, ma a me le cose dette sottovoce sembrano, così a pelle, più condivisibili. Allenano l’orecchio ad ascoltare, lasciano spazio alla domanda, mi trovano più disponibile a cambiare idea.

Perciò caro Fedez,
prova a dire le stesse cose se ci credi, ma ti prego senza urlare.

* Chi mi conosce può star tranquillo, che Fedez non è il mio tipo. Per via dei tatuaggi. (spero non sia un commento discriminatorio)
* Sono molto curiosa di leggere questo libro. Viva l’ornitorinco! Senza offendere nessuno, Giovanni Scifoni

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