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Chiodi nel muro

Questo quadretto è oggettivamente storto. E storto resterà, nei secoli dei secoli amen.

Già partiva male porello. Acquistato in un baracchino sul Lungosenna a 42 gradi percepiti, sbattuto dentro qualche passeggino insieme agli avanzi della merenda e alle salviette un tempo umide ormai essiccate, schiacciato tra le borracce mezze aperte, dimenticato qualche giorno in valigia, poi rianimato in malo modo a forza di manate e stecchito sotto i tomi della Divina Commedia illustrata nella speranza che l’incontro ravvicinato con l’eterno in versi lo rinsavisse.

Oggi, cornice nuova di pacca, non ci resta che fare il primo buco nel muro intonso di casa nuova. Parete verde lime, per partire con brio.

A detta della mamma, che di teste dure e di capricci snervanti come martelli pneumatici se ne intende, per fare un buco nel muro bisogna usare lo scotch di carta. Non ricorda bene dove l’ha letto e no, probabilmente non c’è una specifica legge fisica che avalli la sua teoria. Ma gli ultimi 23 chiodi che ha piantato con questa tecnica sono ancora lì e dunque lo ritiene un rito apotropaico indispensabile.

Secondo il papà, che invece è più bravo a fare il risotto ma si ritiene chiamato in causa non appena qualcuno osa metter mano nella sua cassetta degli attrezzi, per fare un buco nel muro servono in ordine tassativo:

  • Iphone
  • Scala telescopica
  • Scarpe antinfortunistiche
  • matita
  • metro a nastro
  • livella a bolla
  • chiodo a testa piatta
  • martello

A sentire il papà il buco nel muro va pianificato con largo anticipo, in modo da svolgere questa operazione di sofisticata ingegneria nelle migliori condizioni atmosferiche, umorali e astrali:

  • siamo solo a lunedì
  • tasso di umidità al 90%, il muro potrebbe risentirne
  • ho una call tra mezz’ora
  • adesso sono stanco
  • domani sicuramente meglio

Secondo la mamma il buco nel muro va fatto e basta.

Poi c’è la questione spinosa delle misure.
Il papà è fermamente convinto che per due punti passa una e una sola retta e da lì non lo si schioda. Compila un file excel di tutte le cornici disponibili sul mercato, compara prezzi e materiali, legge tutte le recensioni online, suddivide la parete verde lime in quadranti, preventivando dove in futuro potrebbe posizionare altre mensole, altri quadri, altre prese.   
La mamma va a occhio, e in genere ci azzecca.

Va a finire che si litiga.
Ecco, te l’avevo detto che serviva lo scotch!
Allora fallo tu se sei così brava!
Ma tu non avevi una call?
Guarda che devi prima fare il segno!
E giù a martellate, povera parete verde lime. Chiodi che si piegano, buchi che diventano crateri, cornice che pende da una parte, sudore e parolacce. Nessuno dei due molla. Un po’ per capa tosta, un po’ perché per appendere un quadro bisogna essere in due, non c’è storia.

A un certo punto, quasi per miracolo, il quadro sta su.  
Proprio sopra la macchinetta del caffè, così tutte le mattine a colazione ci ricorderemo che questi siamo noi.
Sghembi, stropicciati, testoni, ridicoli, in affanno, pieni di buchi, tenuti su con i cerotti. Qualche volta, per miracolo, capaci persino di ridere delle nostre manie e di affezionarci ai nostri difetti. In bilico precario sull’unica retta passante per due punti.
Da vicino si vede che il quadretto è storto.
Ma guai a chi lo tocca perché potrebbe crollare il muro.

* Stamattina un caro amico mi ha regalato questa chicca, che ricopio qui per tutti i fissati di chiodi nel muro, di rette e di infinito 🙂
E comunque per 2 punti passa una e una sola retta che però ha una caratteristica interessante: è infinita! sia dalla sua origine, sia alla destinazione a cui tende.

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