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D come Dacci un taglio

L’ABC

La fatica più faticosa del sabato mattina (oltre a riuscire a fare la doccia con calma) è star dietro alle chat di classe.  

– Scusate mamme, voi avete capito quante righe di L devono fare? Alfredo dice che ne basta 1. Voi che dite?
– Rachele dice che la maestra non l’ha detto. Noi nel dubbio facciamo 3 righe.
– Tessa dice: “Mamma, ma ti pare?” Forse meglio scrivere alla maestra.
– Invece qualcuno di voi si è ritrovato nello zaino il lavoretto di Ryan? Piange da due ore perché quello che abbiamo non è il suo.
– Noi no, mi spiace.
– Povero cucciolo, noi nemmeno.
(Altri 18 no. Altri 56 cuoricini. Altre 56 faccine desolate.)

Io, quando finalmente ho fatto la mia doccia, mi trovo 326 wa che stanno per esplodere, la casa sottosopra e tutti che hanno fame, a qualunque ora.
E siccome ci credo fermamente che la diversità è ricchezza, e che la libertà d’espressione è una trovata geniale, e che se ognuno dice la sua e ci si confronta pacificamente si impara sempre, e che più punti di vista fanno una panoramica più bella… clicco spavalda sulla chat silenziata, con le mani che mi prudono.

Sguardo allarmato di mio marito. Vuoi farlo davvero?
Solo una sbirciata, dai.
Ti ricordi com’è andata a finire sabato scorso?
Eh ma che faccio, nemmeno li leggo?
E quello ancora prima?
Magari c’è qualche avviso importante…
Lascia perdere…
Li leggi tu?
Abbiamo fame!

È un fenomeno incomprensibile ai mariti – per lo meno al mio – questa condivisione digitale del sapere.

Ma se una mamma, in una chat di mamme (perché i papà latitano?), fa una domanda… Tu che fai?
Non le rispondi?
Non le dai un consiglio?
Non le mandi nemmeno una faccina solidale?
Non le dici qualcosa tipo “saranno i denti”?
Niente. No. No. No. E no. 4 NO.
Ma dai, invece secondo me…
Appunto. Una frase con “secondo me” non la devi nemmeno cominciare, se non sei Piero Angela.

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