Ogni tanto mi capita di dirlo: E mo’?
E mo’ che ci faccio con la mia storia? Con tutto quello che ho vissuto, imparato, sudato? E certe volte davvero non trovo il mio posto. Come quando gira e rigira non sai più che farci e lo sbatti nel bidone del secco o nel polpettone del giovedì.
Quel subdolo e mo’? sbuca a tradimento nel tuo gira e rigira, tra i calzini spaiati e il latte scaduto, i sondaggi wa e i treni in ritardo, le virgole a caso e il numerino alle Poste. Mentre ti affanni per arrivare a giugno e già tremi per settembre.
E mo’ che ci faccio con la mia storia? Qualcuno la vuole? Nel dubbio si corre.
Accovacciata fuori dal super c’è una giovane donna con un cartello. Ha 2 bambini. Ha fame.
Cosa vuoi che ti compri?
Delle patate.
Delle patate?
Sì, le cucino ai bambini con un po’ d’olio.
E fa un sorriso che ti vien voglia di restare. A parlare di come cucina le patate, di quanto caro è diventato l’olio, di quanto amore ci mette.
Tiriamo su anche un pacco di biscotti, quelli con le stelle che mangiamo di domenica. Quando ci vede tornare si porta le mani giunte al cuore e sorride di nuovo.
Penso alle mamme che corrono perché il bambino piange, la campanella suona, il treno scappa, il super chiude. Alle mamme che corrono sotto le bombe per un pezzo di pane. A quanto ci somigliamo un po’ tutte con quelle mani giunte sul cuore e la voglia di restare.
Forse – mi dico rallentando il fiato – sono al mondo per il sorriso di questa mamma che ha fame.
Forse il mio senso su questa terra sei tu che mi chiedi di non tirare dritto.