Per tutte le volte che in questi ultimi mesi ci siamo sentiti dire: “Che sarà mai tenervi i bambini a casa?”, “Tanto siete in smart working…”, “Tanto si tengono compagnia tra fratelli…”, “Tanto siete giovani…”, “Tanto c’è la DAD…” Dopo 5 giorni di quarantena in attesa di un tampone, ecco l’unica cosa che ci viene da dire: GRAZIE PROF!
E ringraziamo Dio
- perché tutto sommato stiamo bene (mio marito non me l’avrebbe nemmeno fatto fare il tampone, perché tanto ero la solita rompicoglioni, troppo male non potevo stare…)
- perché abbiamo una laurea a testa perciò fino alle tabelline e alla lettera R dovremmo farcela
- perché parliamo l’italiano e riusciamo a leggere anche le postille scritte in carattere 4 in fondo alle liberatorie
- perché in casa abbiamo due pc aziendali (che in teoria ci servono per lavorare, dettagli…)
- perché il papà sa smontare due pc mezzi rotti e crearne uno più o meno funzionante
- perché appunto siamo in smart e abbiamo orari flessibili (la mamma può recuperare le sue 6 ore di lavoro di notte e nel weekend e il papà può spalmare quando vuole le sue 18)
GRAZIE PROF! per tutte le volte in cui ci siamo sentiti dire che la scuola era un parcheggio e che in qualche modo ci si poteva arrangiare.
Perché il problema non è intrattenere i figli mentre noi facciamo altro.
Altrimenti ora ci basterebbe una super baby sitter (ma non possiamo) o una super televisione (ma non vogliamo) o una super vacanza (…).
Il punto non è che ci manca il tempo. (Anche.)
E nemmeno che ci manca la pazienza. (Anche.)
E nemmeno che non siamo capaci. (Anche.)
Il punto è che la scuola è tutta un’altra cosa. (E per fortuna!)
Il punto è che per un bambino andare a scuola è un diritto tanto quanto essere curato, vestito, protetto, nutrito, avere una casa e avere un nome. E i diritti non sono capricci, ma bisogni ufficialmente riconosciuti da noi adulti. Anni fa ci siamo impegnati a tutelarli, adesso è il momento di fare squadra.
Perché per crescere un bambino una famiglia non basta, ci vuole un villaggio.
