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I mostri non esistono

Da giovedì scorso, invece di svoltare a sinistra verso Senago facciamo il giro largo per andare al super. C’è una gelateria buonissima proprio sulla piazza, ma aspettiamo che finisca la scuola. Aspettiamo che faccia meno male quella foto del braccio tatuato a carezzare il pancione, abbassiamo il volume quando la radio ci propina i dettagli.
Lo sapevamo tutte, diciamo col senno di poi, e abbassiamo gli occhi. Averlo capito prima ci saremmo affacciati sul pianerottolo, diciamo, saremmo rimasti incollati allo spioncino, avremmo bussato per chiedere il sale. Potevamo essere noi, quel pancione al mare.
È un mostro, diciamo. E facciamo il giro largo. Ma in che razza di mondo viviamo, diciamo, e restiamo al di qua del cartello.
Potrebbe essere nostro quel figlio, questo non lo diciamo. Non oggi magari, ma fra vent’anni. Potremmo essere noi quella madre allibita.  

Ma figuriamoci, mi dico, io ho paura anche ad affettare l’anguria. Una pistola, poi, non saprei nemmeno dove trovarla.
Eppure certe sere vado a letto così stremata dalle mie brutture. Se solo adesso qualcuno accendesse la luce, mi dico. Come mostri salterebbero fuori le mie fragilità, i miei doppifondi, i miei scoppi d’ira, le parole che fanno a pezzi, le bugie, i gomitoli di pensieri, i rancori taciuti.
Io che pure non ho visto la guerra e la fame, che ho potuto studiare e amare e dire la mia e fare shopping e mettere i tacchi. Io che ho fatto alcuni incontri decisivi (e ad altri sono sopravvissuta). Io che per vivere non devo rubare. Io che posso scegliere. Io che so a chi bussare se mi manca il sale.

Succede di crescere nella casa sbagliata, sulla strada sbagliata, nella città sbagliata, nella parte sbagliata del Paese. Succede di frequentare la scuola sbagliata. Di avere il padre sbagliato. Di essere spinti a fare le cose sbagliate. Ma succede anche di sopravvivere a tutti questi traumi emotivi se si ha una, forse due, persone che ti riconoscono per quello che sei. Sua madre lo ha visto. E vedendolo, lo ha salvato.*

È successo anche a me, un paio di volte: qualcuno ha acceso la luce senza paura dei mostri.
E nel mio buio ha visto cose per me invisibili.
E mi ha ri-conosciuto e amato in piena luce, al di qua del cartello.
È bastato quel paio di sguardi perché mi dicessi ne vale la pena. Di vivere e di amare, fino a tagliare il traguardo.
E non sarà allora una somma di sbagli in colonna, ma luce che tutto copre.
Ho avuto paura perché sono nudo, e mi sono nascosto.
Sarà anche allora uno sguardo a salvarci.

* Dani Shapiro, Segnali di fuoco, Neri Pozza
** I mostri non esistono, siamo tutti figli feriti negli occhi di chi ci ama: Lettera a una madre

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