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L’arte di cestinare

Questa è più o meno la faccia che ha fatto mio marito quando – cellulare alla mano – gli ho detto che allora ok, visto che “non ci vuole niente/ma che problema c’è?”, abbandono le chat di classe e faccio inserire il tuo di contatto. Seduta stante dito già pronto.
Stavo bluffando ovviamente, perché sono una subdola maniaca del controllo, ma lui ci ha creduto, perché gli ho visto affiorare lo stress sottopelle in modalità domani-call-con-il-cliente.

Che problema c’è?!?

Il problema è che ho esaurito il mio spazio di archiviazione. Materia grigia in panne. Liberare spazio. Eliminare file superflui.
(Per mesi ho ignorato questa notifica sul mio cellulare, diffidando per uno strano lapsus di una fantomatica app capace di eliminare con un touch i “peli superflui”.)

Ogni giorno spunta un modulo, una circolare, una piattaforma, un protocollo, una password, un link. Il tutto moltiplicato per cinque, sei, sette. Se parcheggi vicino all’entrata del nido, all’uscita ti conviene tornare a casa in treno. Se parcheggi vicino all’uscita ma inverti l’ordine dei figli da accompagnare, non ti ricordi più dove hai parcheggiato. Ora che hai capito come organizzare il cambio scarpe sanificate dentro lo zainetto etichettato dentro il sacchetto ermetico dentro l’armadietto blindato di tuo figlio, esce un nuovo dpcm e torni al Via. Temperatura, gel, firma, calzari. No, da oggi basta calzari ma doppia firma! Se piove, si fa tutto al contrario saltando su un piede solo.    

Che problema c’è?!?

Il problema è che cambiare idea è faticoso. Fare tuo il metodo di un altro è eroico. Rinunciare a schemi consolidati estenuante. Ma come fanno i mei bimbi a imparare ogni giorno cose nuove e a restare curiosi? Io, non potendo disinstallare file di sistema (come si va in bicicletta, come si stirano le camicie, il cucchiaio va a destra e la forchetta a sinistra), attivo il risparmio energetico sul vocabolario dei sinonimi, settandomi su un generico coso e cosa, e chiamando i figli con nomi a caso.

Eppure io amo le regole, adoro la routine, mi rilasso facendo cornicette, ritmi e sequenze. Le sorprese mi mettono ansia. Già partivo male geneticamente, ma poi – pur potendo fare il vigile urbano – ho studiato delle lingue morte, sono finita a fare la correttrice di bozze e adesso mi occupo di logistica (al mattino di tir e sponde idrauliche e al pomeriggio di frigo e lavatrici). Roba che in confronto il marito ingegnere appassionato di grafici a torta è un figlio dei fiori… Ma le mie amate regole mi stanno facendo lo sgambetto. E quelle più asfissianti me le sono inventate io. (Per esempio, il buon uomo che grazie a Dio non ho conosciuto con la maglietta del Poli addosso si diverte a innervosirmi così: “Ma dove sta scritto che non puoi prendere ferie? Che non ti puoi ammalare? Che bisogna rifare il letto tutte le mattine?)

Ha ragione. Non sto vivendo, sto sopravvivendo. Modalità risparmio energetico.

Me ne accorgo perché mi agito ma non concludo, critico ma non propongo, saluto ma non sorrido, mi lamento ma non chiedo aiuto, sgrido ma non educo, ingoio ma non cresco.
Con una mamma così tirata, a rimetterci è sempre il tempo “sprecato”: quello delle risate, delle treccine dall’alto, dei pancake al sabato mattina, del bacio sulla porta, delle pernacchie sulla pancia, della favola della buonanotte, della preghiera tutti insieme, dei segreti all’orecchio…

AMA E FA’ CIÒ CHE VUOI! Facile a dirsi, eroico a farsi. Molto più comodo impallarsi su un elenco di regole e perdere di vista l’amore. E così, a fine giornata: memoria esaurita, vita vissuta ben poca.
Allora faccio un esperimento e libero spazio. Imprescindibile? Indispensabile? Inderogabile? Eliminare file superflui.
SE NON È AMORE, CESTINARE.

  • “Prima di andare a letto ci si lava i denti!” CESTINARE. “Stasera una favola in più e solletico per tutti.” (Tanto prima o poi quei denti cadranno.)
  • “Via la bocca dai vetri!” CESTINARE. “Mamma, guarda fuori! Il cielo è un po’ fucsia, un po’ viola, un po’ arancione!”
  • “È tardi, scarpe scarpe scarpeeee! Tu, chiama l’ascensore!” CESTINARE. “Mamma, m’insegni a fare il doppio nodo?”
  • Dopo i trent’anni non si può assolutamente uscire di casa struccata! CESTINARE. (Tra mascherina e cappello chi se ne accorge? Tu sorridi!)
  • “Non si trascinano le sedie in giro per casa!” CESTINARE. “Mamma, devi comprare il biglietto per salire sul nostro autobus!”
  • “Non si salta nelle pozzanghere!” CESTINARE. (Vabbeh, tanto ormai siamo già raffreddati.)

I bimbi non vanno in confusione: per loro l’eccezione alla regola è divertente come la mamma che dice culetto del salame; lo capiscono che l’amore ha sempre l’ultima parola. Io invece, un pezzettino alla volta, mi arrendo al fatto che il mondo non gira a modo mio e che va bene così. Posso rallentare, prender fiato, perder tempo, sgarrare. Rilassarmi perché c’è Qualcuno che si prende cura di me. E non mi metterà in coda ai gigli del campo.  


Per quel poveretto di mio marito deve essere davvero faticoso restarmi accanto.
Inguaribile romantico, l’ho scoraggiato fin da subito su mazzi di rose e inviti a cena. Accessori inutili e dispendiosi. E lui, imperterrito, continua a inventarsi strappi alle regole per smantellare la mia corazza di imperativi categorici e di invisibili asterischi e di postille e di clausole e di campi obbligatori. 
Oggi, per testare la mia elasticità mentale, si chiude in cucina e ne esce con 10 cm quadrati di croccante alle nocciole, 4 padelle affumicate e schizzi di zucchero e miele ovunque.

“Quando cucini devi metterti il grembiule!!!” CESTINARE. “Bimbi, facciamo una super merenda!”
“Ma mamma è ora di cena!?”
Non importa. La legge uccide, l’amore crea.

* Camisasca ai preti: «Il popolo rischia la paranoia. Aiutiamolo a vivere». Che c’entra??? C’entra, c’entra. La paranoia è lo scivolone del buon senso quando il buon senso tiene il naso incollato alle scarpe e cestina l’amore. Nasinsù!

PS: No, non sono una NO MASK, per carità! Anzi, qui siamo tutti molto ligi. Sono solo una mamma come tante, è venerdì sera e piove. E per di più sono astemia.

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