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Mia nonna e il Papa

Appena oltre la porta, mia nonna aveva appesa una maiolica che recitava così:
Alla larga da questa casa preti, medici e avvocati!
Noi cugini chiedevamo il senso, ma i grandi ammiccavano e tiravano dritto verso le lasagne.
Quella stessa nonna si metteva in ginocchio quando in tv si affacciava il Papa e se cadeva il pane a terra lo raccoglieva e lo baciava.

Tanti anni dopo l’avrei presa in giro, io che studiavo latino, ebraico e filosofia. Io che il malocchio potevo tenerlo a bada arrovellandomi sul perché e il percome. Io che avevo sempre l’ultima parola. Ci è voluto un po’ perché ritrovassi la leggerezza di mia nonna, nella gente che prega ballando in piazza e sbucciando patate, che la domenica fa i chilometri a piedi col vestito buono, che non sa leggere e scrivere ma muore felice.

Quanto vorrei certe volte aver studiato di meno e amato di più.
Quanto vorrei, nel presepe, essere il pastorello e non il Magio.
Scrollarmi di dosso codicilli e declinazioni di quanti si facevano chiamare maestri e riconoscerti nel profumo del pane.

E chisseneimporta se è di Paolo, di Cefa, di Francesco o di Apollo.
Ti vogliamo bene, Papa!
Prima ancora di sapere il tuo nome.

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