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PS alla 194

La 194 non si tocca! Letterina di Luciana Litizzetto a Maurizio Gasparri

A me la Litizzetto piace un sacco. Ha un’ironia gentile e schietta che le invidio. È una che non le manda a dire, ma senza scadere nell’insulto. Io mi fido di te, la storia dei suoi figli nati dal cuore, me lo sono divorato in una notte d’estate: è un inno alla vita strampalata e meravigliosa che a un tratto ti butta gambe all’aria per non aver flaggato le caselle giuste. Bisognerebbe regalarlo ai corsi preparto insieme alle goccine anticoliche. Tatuarsi certe frasi sulla schiena. Una gratitudine verso il destino che ci sovrasta che io manco tra cent’anni. Un senso di fratellanza che nemmeno durante i mondiali. Lo straconsiglio!

E poi trovatemene uno che nel 2022 scrive ancora letterine. Già solo per questo, Cavaliere della Repubblica la farei. Ma per favore, cari tutti belli e brutti, a questa letterina arrivate fino in fondo, senza ghignare e senza sbuffare. Perché al di là di tanti applausi barra obiezioni è quel PS che va preso sul serio. Con quei due punti sospesi che invitano ad andare oltre, perché le soluzioni sbrigative non bastano a nessuno. Rimbocchiamoci le maniche, gente, che ce n’è per tutti.

Appunto.

Raccontiamoglielo ai nostri ragazzi che l’intreccio dei corpi non è solo intreccio dei corpi. E quale miracolo può schizzarne fuori a prescindere dall’età e dall’amore. Senza pruderie e senza doppi sensi, solo stupore. Che gli effetti collaterali sono invece sorpresa da togliere il fiato.
Raccontiamoglielo che il rispetto preteso dagli altri è prima ancora tenerezza verso se stessi.
Che il consenso inviolabile in uno scambio di pelle è innanzitutto custodia dei propri confini, e per conoscersi bisogna camminare insieme un bel tratto.
Che amare non è possedersi per paura di perdersi, che si può dire di no e farsi aspettare.

Che le cose grandi nascono piccole, perciò custodiremo i loro grumi di sogni.
Che li ameremo anche storti, confusi, arrabbiati, malati, falliti. Perché nessuno è sbagliato.
Che appunto chi lo sa? chi lo sa? chi lo sa? Perciò nel dubbio, fosse anche un minuscolo dubbio, meglio lasciar fare alla vita che ne sa più di noi.

E la gentilezza. Educhiamoli alla gentilezza. A non strappare i fiori, a parlare sottovoce, a guardare la neve che cade. A chiedere permesso, a chiedere scusa, a sentirsi fragili.
A prendersi cura. Di un cactus, di un pesce rosso, di un nonno. Che nessuno sa stare al mondo da solo.

E basta coi sensi di colpa, gli slogan, i diluvi universali, le barricate. Non chiamiamole battaglie, per favore, che quelle si vincono e si perdono nel cuore dell’uomo e nessuno cambia idea se messo alle strette.
Diciamoglielo ai nostri ragazzi che la vita a volte è bastarda, contorta, ingiusta e meschina, ma il tempo guarisce e il perdono persino ribalta.
Che ci vuole coraggio ad amare e ancora di più a lasciarsi amare.

E poi e poi e poi.
Promettiamoglielo che ci fideremo delle loro scelte, che resteremo loro accanto. Comunque vada.
Che non saranno mai soli, davvero.

Ammazziamoli di bellezza:
Nutriamoli di speranza:
Altrimenti come potranno mai sentirsi capaci (farsi concavi) per nutrire altra vita?

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