Vai al contenuto

Tu che mi calmi

In questo periodo i miei figli scrivono un sacco di lettere a Gesù Bambino, almeno una al giorno.
Un po’ perché affiorano altri desideri, un po’ perché non sono sicuri che GB abbia capito bene bene, un po’ perché arriva un fratello a pasticciarle a farci gli aeroplanini a mangiarle, un po’ perché queste benedette letterine finiscono chissà come negli scatoloni del trasloco. Sia mai che GB sbagli regalo o indirizzo.
Vi sembra il periodo azzeccato per cambiar casa? sbuffa la preado.

Lo schema letterina è sempre più o meno questo:
EXORDIUM: Caro Gesù Bambino, ti voglio tanto (tanto tanto tanto tantissimo) bene (captatio benevolentiae)
NARRATIO: quest’anno non sono stato sempre così bravo
ARGUMENTATIO: ma siccome (ovvio che lo sai!) tra un po’ è Natale e tu comunque porti i regali a tutti ma proprio a tutti
PERORATIO: lista dei regali (tendenzialmente lunga e molto dettagliata, spesso corredata da illustrazioni e link Amazon)
Firma o croce a seconda del grado di alfabetizzazione

Mentre sto per cestinare una delle innumerevoli bozze abbandonate per casa (le versioni definitive sono segretissime a noi adulti, anche quando ce le dettano, e segretamente vengono spedite a un indirizzo segretissimo) m’imbatto in questa:

Caro Gesù Bambino,
ti voglio bene molto bene.
A volte la mamma e il papà si arrabbiano tanto ma te Gesù mi fai calmare sempre…

Decido di non cestinare e conservo nella scatola dei ricordi, insieme a qualche foto del matrimonio e ai braccialetti dell’ospedale. A dire il vero un po’ mi vergogno, perché quella lettera non è per me, ma decido che basta la citazione e che un giorno mi capirà.

1) Davvero siamo sempre arrabbiati? Ok, nascondiamoci pure dietro i sinonimi: siamo stanchi, stressati, nervosi, schizzati, provati, di corsa, in affanno, è venerdì sera, è dicembre… Ma abbiamo un elefante in salotto e non bastano tutte le dita della mano a nasconderlo. (Ma questa è un’altra storia e dovrò tornarci su con calma e coraggio)

2) Davvero Gesù Bambino lo fa calmare? C’è qualcosa che mi sfugge di questa amicizia tra bambini da cui mi sento tagliata fuori.
Perché io, che non sono più una bambina, m’imbarazzo un po’ a dire “Ti voglio bene”.
E perché io, dopo 38 anni di frequentazione – e di tira e molla e di tradimenti e di arrabbiature e di indifferenza –, questa amicizia a volte me la sento stretta.
E poi perché io, che sono sua madre, vorrei tanto sapere come calmarlo.

Ci sono momenti in cui i miei figli mi sembrano irraggiungibili. Rintanati dietro una porta chiusa e ostili a qualunque tenerezza.
La tenerezza è una cosa seria, bisognerebbe farne scorta per le salite, e invece io sono sempre in riserva.

La preado è sempre stata troppo grande per il lettone e troppo spilungona per un abbraccio. Un tempo, antidoto alle sue crisi di rabbia, ci eravamo inventate una parola magica da dirci all’orecchio. Ma la magia funziona una volta su 3, e probabilmente sbagliavamo gli accenti. Assetata come me di tenerezza, la cerca raramente e di soppiatto, quando la coglie una strana malinconia che a parole non sa spiegare. Ma mette in chiaro che è lì solo di passaggio, come un gatto che si struscia.

Al GGG fanno schifo i baci: per questo, dice, non si sposerà mai e farà il tagliaboschi. Non resta che il solletico contro i capricci. Oppure cantare a squarciagola l’Inno d’Italia.

Il Brucomela, se le schiacci il mignolino o piove senza il suo permesso, sbatte tutte le porte che trova nei dintorni e si getta urlando nel suo letto prendendo a male parole la povera Trilli spiaccicata sul cuscino. Si rilassa solo se la pettini, ma vuole essere pettinata solo se è già rilassata.

Babi è ancora un bambino cicciottello, lui sì che puoi stritolarlo in un abbraccio. Tranne quando è arrabbiato, cioè quasi sempre. Allora potrebbe abbattere a morsi un’intera foresta.

Tommy è permaloso. L’unico modo per calmarlo è dargli del cibo. Tanto cibo.

Insomma, sono messa molto male.
Per la magia ci vuole pazienza.
Per il solletico devi essere di buon umore.
A far le treccine sono un disastro.
Col giardinaggio non me la cavo meglio. Sono riuscita a far morire la pianta di fagioli di scienze.
Mai fatti biscotti allo zenzero, né fettuccine all’uovo, né tutte quelle cose con cui i bambini ingurgitano amore dalle mani.

Vorrei per me quelle mani gentili, vorrei gli origami e i massaggi con l’olio dopo il bagnetto, le filastrocche e le ninne nanne, il punto croce, le perline, gli acquerelli, i puzzle, i piselli da sgranare, i castelli di carta, le figurine dei calciatori, lo smalto sulle unghie. Ma ho sempre altro per le mani.

Poi c’è il piccolino di casa. A lui basta il mio odore per calmarsi. Non devo far nulla per spiegargli che esisto, che sono sua madre e che gli voglio bene.
Forse è quello l’odore che annusa mio figlio dietro la porta chiusa del suo cuore.  
Io resto al di qua. Io che quell’odore forse l’ho perso con gli anni. 

Condividi con i tuoi amici se ti piace!
Sottoscrivi
Notificami

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti