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Un nuovo (?) stile di abitare  

Vi avevamo già raccontato di IMMISCHIATI https://www.immischiati.com/bacheca/ , questo corso online su quanto è bello e giusto che ognuno di noi dia il suo piccolo contributo per rendere il mondo un posto migliore.
Qualche settimana fa ha detto la sua tal Johnny Dotti http://generativita.it/it/persone/johnny-dotti/, di cui non sto a riproporvi il CV perché non basterebbe un calendario dell’Avvento. Qualche spunto però ve lo riciclo, per come l’abbiamo inteso noi. Se non si capisce tutto tutto meglio ancora, perché così andate a riguardarvelo.* Bisogna iscriversi ed è gratis. Oppure scrivete Johnny Dotti su Google ed esce fuori un sacco di roba interessante.

1) Johnny Dotti è presidente e socio fondatore di è.one – abitarègenerativo S.r.l.
Cosa fanno lui e i suoi amici visionari? Tirano su nuove forme dell’abitare, fondate sulla relazione. Costruiscono, a volte mattone su mattone, altre volte ristrutturando, luoghi improntati alla fratellanza. Case (si rifiuta di chiamarli “alloggi”, perché – dice – gli alloggi fino ai primi del ‘900 erano riservati agli animali) in cui con-vivono anziani soli e studenti fuori sede, coppie ormai in pensione e giovani sposi con bimbi piccoli lontani dalle famiglie d’origine, minori in affido, mamme single, genitori separati, disabili… Ogni nucleo ha i suoi spazi privati, ma non mancano spazi comuni (living-room, spazi gioco, lavanderia e stireria, ambulatorio medico infermieristico, spazio per il co-working) e a volte persino spazi e servizi rivolti al vicinato… Una sfida umana incredibile ma anche un enorme investimento in termini economici, capace di generare non solo nuovi legami e azioni di cura reciproci ma anche nuovi posti di lavoro.
Perché – dice lui – il vicino di casa può davvero essere il tuo prossimo più vicino e “Ama il prossimo tuo COME te stesso”, non significa TANTO QUANTO, NELLA STESSA MISURA, CON LA STESSA INTENSITÀ, ma proprio IN QUANTO, PERCHÉ te stesso. Ri-mettere la persona al centro non vuol dire cominciare tutte le frasi con IO e MIO. I pronomi sono 6. E IO sono figlio di, padre di, marito di, collega di, amico di… sono il TU di qualcun altro. Nemmeno esisterei, se non fossi il TU di Dio.

2) L’ospite salva il matrimonio. (E questo è lampante. Se ci sono amichetti in giro la mamma non urla.)
All’inizio della nostra storia abbiamo preso molto sul serio quella domanda: “Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi?” Mentre ne accoglievamo uno dopo l’altro guardavamo famiglie più aperte di noi desiderarli invano, eppure fiorire in modalità che solo la fantasia di Dio.
E poi. Cosa rimane di quella promessa quando gli anni passano e la cicogna migra altrove?
Staremo a vedere. Sappiamo però che, nonostante la fatica e la nostra pochezza, ci siamo scoperti migliori (meno lamentosi, più creativi, più ingegnosi… generativi!) quando ci siamo messi insieme a costruire qualcosa: che fosse progettare un viaggio o una stanza col planner IKEA, scambiarci tra mamme vestiti usati, bici e tricicli, organizzare un picnic, una caccia al tesoro, il Presepe vivente… Forse accogliere significa anche solo tenere la porta aperta, mettersi a tiro, sfuggire alla tentazione di sentirci al sicuro nel nostro nido. E così continuamente creare, generare, inventare. Nuove amicizie, nuove occasioni, nuovi imprevisti.

3) Condividere la vita significa esporre la propria fragilità
È un’esperienza che facciamo tutti, credo. Permettere alla gente (non solo agli amici e ai parenti, ma ai vicini di casa curiosi, ai compagni di classe, al giovane stagista impacciato dell’immobiliare, al venditore porta a porta della Bofrost, alle streghette e agli zombie di Dolcetto o scherzetto) di entrarti in casa ti espone. Al fango sotto le scarpe, ai virus, ai pidocchi, al caos primordiale. Al giudizio, alla chiacchiera, al ridicolo. Chi entra potrebbe sbirciare le foto appese, farti i conti in tasca, sparlare in giro delle tue strane abitudini, dei troppi carboidrati in dispensa, delle ditate di Nutella sui muri, delle regole appese sul frigo. Quanto siamo disposti a mostrarci fragili e imperfetti, senza filtri?

4) Alla fine della chiacchierata su Zoom, un ragazzo fa una domanda in chat per Johnny: “Come si fa a metter su famiglia?” La risposta è senza fronzoli: In un mondo che ormai traduce il COME in know-how dobbiamo tornare a farci le domande serie, quelle più vere: PERCHÈ? CHI?

Qui il video della serata su IMMISCHIATI

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