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Un miliardo di cose da fare

In settimana è più facile tenere sotto controllo spazio e tempo. Salvo malanni, scioperi dei bidelli, treni in ritardo e altre calamità naturali, tra le 9 e le 15.30 sono un’onesta impiegata che contribuisce col suo mezzo talento al PIL del Paese. Ok, ok, il pensiero ogni tanto corre al volantino delle offerte e alle manate sui vetri, ma telefono e pc hanno la meglio sulle mie ansie domestiche.

Nel weekend invece è un disastro.
Tutti gli arretrati della settimana
+ le cose che si fanno sempre e comunque
+ le cose che vorresti tanto fare ma in settimana non puoi
+ le cose tipiche da weekend
+ i parenti e gli amici che non vediamo dallo scorso Natale
ti guardano sconsolati come il filtro della lavatrice.
Da spalmare in 48 ore togliendo le ore di sonno che ti illudevi aumentassero.

Non sarebbe grave se zitta zitta mi rimboccassi le maniche, invece va a finire (quasi) sempre più (o meno) così:
Qui è sempre un casino! /Siamo sempre in ritardo! / In questa casa faccio tutto io! / Ci sono miliardi di cose da fare!
Quando non mi becco un bel Rilassati! capace di intesirmi tipo recinzione delle mucche, il prode consorte ammicca pacato come le mucche pasciute dentro la recinzione.
E se non le fai? Intende: Che cosa succede se non le fai? Ma sarebbe uno spreco di fonemi.
Fa il verso a un ben più generoso paroliere, convinto che il weekend fosse per l’uomo e non viceversa.

Che poi l’abbiamo pure testato più volte: se ce ne stiamo al parco tutto il giorno, il mondo non crolla, e basta chiudere la porta per non vedere quel miliardo di cose da fare.
Cose così catalogabili, per amor di punti elenco.

  • Cose pianificate da mo’ ma sempre rimandate (il grembiule da ricucire, le richieste di rimborso INPS)
  • Cose già scadute che tra un po’ camminano (scarpe troppo strette, cambio lenzuola)
  • Cose che vanno fatte subitoooo, anche se sei nel bel mezzo di altre cose (latte fuori dal frigo, pannolini letali, figli sospesi nel vuoto, ferite e ustioni gravi)
  • Cose che se rimandi ti si ripresenteranno con gli interessi: paturnia della preado, mani sporche di Nutella, panni da piegare (ferro da stiro archiviato da anni)
  • Cose che potrebbe fare qualcun altro ma tu sei convinta di fare meglio di chiunque altro (sarebbe lunga)
  • Cose che a te sembra fondamentale fare e che tutti gli altri ritengono inutili (lavarsi i denti, rifare i letti)
  • Cose che fa il marito ma che ti sono ignote (ah boh)

Questo weekend il marito è al mare con i due grandi per una gara di nuoto, quindi si autoescludono automaticamente il S. Torneo di Calcio e tutte quelle cose che rilassano un uomo di mezza età brizzolato e dotato di pancetta, tipo tagliare l’erba e accendere il barbecue.
Mi sembra quindi l’occasione propizia per testare la sua domanda retorica: proverò dunque a rimandare le cose che non stanno per precipitarmi addosso, le cose che posso fare anche stanotte e anche le cose che tanto tra un attimo dovrò rifare. La stanza dei giochi è un disastro, ma a fine giornata posso ancora dire “Se non mettete a posto niente pizza e film” senza che mi querelino al Telefono Azzurro. Ridotto di un tot il miliardo di cose da fare, se la matematica non m’inganna dovrei riuscire a infilarci almeno un desiderio mio.

Divano-copertina-libro-cioccolata calda: qualche era geologica fa, anche solo l’idea rendeva i miei inverni più tollerabili. (E non prendiamoci in giro perché l’autunno è il suo infido gemello solo più piovoso). Io ho letteralmente paura dell’inverno. Non di ammalarmi, di tossire, di attaccare a manetta con l’aerosol… no, proprio di accartocciarmi per il freddo e svanire. Puf. Pure le zanzare si sono attrezzate per sopravvivere al freddo, io dopo vent’anni in Pianura Padana no. Com’è possibile che una civiltà così affamata di progresso abbia deciso lucidamente di stanziarsi qui e di costruirci pure il Duomo, il Castello e City Life? Mio marito, che qui ci è nato quindi perché mai spostarsi? mi consola leggendo il termostato. A lui i numeri lo rassicurano. A me per niente.  

Comunque il libro lo metto lì, nell’angolo del divano, sotto la copertina di pile. Ho già scelto la tazza. Per ribadire il concetto, ce ne stiamo tutti in pigiama, senza nessun appuntamento da smarcare sul frigo, mangiando schifezze quando ci viene fame e camminando – orrore! – sulle briciole della colazione. Rallentiamo, si fa quel che si può, e dove non si arriva pace.

Com’è andato il weekend, nonostante tutti i buoni propositi, non sto a raccontarlo. Certi ospiti indesiderati meglio non nominarli nemmeno. Pannolini, mutande, lenzuola, sonno tanto sonno, tachipirina; come sempre, ma di più. In una casa che sottosopra è un complimento.

Eppure ho intuito qualcosa in questo weekend, intuito per l’ennesima volta.
Un abbraccio fa sentire più a casa di una casa in ordine.
Tutti noi, non solo i bambini, hanno bisogno di essere nutriti, lavati, vestiti, ma ancor di più ascoltati.
I desideri vanno covati nonostante tutto, e infatti il libro è ancora lì. Per la prossima volta.
Le scadenze sono indicative. Ogni tanto arrivare in ritardo si può. Con buona pace del mio ego.
Ci sono persone che spendono i loro giorni fermi immobili, sul proprio letto o accanto al letto di qualcuno. In balia di un colpo di tosse, di un sondino, di un coagulo blu.
Altre che scambierebbero venti estati in Salento per un marito a cui lavare i calzini o dei giochi da riordinare.

Ci metterò una vita per capirlo, ma intanto me lo segno.
Non siamo al mondo per fare un miliardo di cose, ma per amare ed essere amati.

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